Economia circolare: l’Europa di fronte a nuove regole per il riciclo dei rifiuti
Dopo tre anni di dure trattative, il Parlamento europeo, con un'ampia maggioranza, ha dato il via libera da Strasburgo al pacchetto ideato per combinare ambientalismo e crescita economica: l’Europa entra così nell’era dell’economia circolare.
“Il concetto di economia circolare risponde al desiderio di crescita sostenibile, nel quadro della pressione crescente a cui produzione e consumi sottopongono le risorse mondiali e l’ambiente” si legge nel testo descrittivo pubblicato dalla Commissione europea. “La transizione verso un’economia circolare sposta l’attenzione sul riutilizzare, aggiustare, rinnovare e riciclare i materiali e i prodotti esistenti. Quel che normalmente si considerava come “rifiuto” puo` essere trasformato in una risorsa.” Fino ad oggi la nostra economia ha perseguito un modello lineare basato sulla “produzione-consumo-smaltimento”, un modello che oggi non è più sufficiente a causa dell’aumento della popolazione mondiale e della crescente ricchezza che inevitabilmente spingono verso l’alto la domanda di risorse, peraltro scarseggianti, e portano al degrado ambientale. Un futuro più sostenibile è strettamente legato ad un cambiamento importante di questa economia; bisognerebbe, quindi, prendere spunto dall’ecosistema biologico in cui viviamo per capire che ogni elemento naturale, o artificiale in questo caso, debba nascere, o essere progettato, per inserirsi opportunamente nel suo complesso di riferimento, in maniera tale che anche i nuovi prodotti, progettati appositamente per inserirsi nei cicli dei materiali, possano formare un flusso tale da mantenere un valore aggiunto il più a lungo possibile portando in questo modo anche i residui ad esistere in numero sempre minore. La priorità futura dovrà essere prevenire la creazione dei rifiuti, in secondo luogo privilegiarne, attraverso la raccolta differenziata, il recupero e riciclo, ove possibile, infine la trasformazione in energia attraverso i termovalorizzatori, ove il riciclo non sia possibile tecnicamente e/o economicamente. Quindi, solo all’ultimo posto e come soluzione finale, la discarica.
Fondamentale in questo passaggio è il ruolo dei decisori politici impegnati nell’offrire alle imprese condizioni strutturali, prevedibilita` e fiducia, nel valorizzare il ruolo dei consumatori e nel definire come i cittadini possano beneficiare dei vantaggi dei cambiamenti in corso. Le potenzialità, secondo la Commissione europea, autrice della proposta poi negoziata tra Parlamento e governi, sono di portare risparmi per le aziende di 600 miliardi all'anno, 140 mila nuovi posti di lavoro e un taglio di 617 milioni di tonnellate di C02 entro il 2035. Con effetti sul PIL tra l’1 e il 7% all’anno. L’economia circolare, cercando di coniugare un approccio verde con una serie di risparmi per le aziende, puo` inoltre aprire nuovi mercati, che rispondano ai cambiamenti dei modelli di consumo: dalla convenzionale proprieta` all’utilizzo, riutilizzo e condivisione dei prodotti oltre che concorrere a creare maggiore e migliore occupazione.
Nel concreto, il salto nell’economia circolare avviene con quattro direttive europee rispettivamente su riciclo dei rifiuti, imballaggi, rifiuti da batterie, componenti elettriche ed elettroniche e infine discariche. Nel complesso i diversi atti impongono nuovi obiettivi giuridicamente vincolanti per il riciclaggio e buone pratiche di gestione dei rifiuti, fissando scadenze prestabilite e armonizzando per la prima volta gli sforzi nazionali verso target condivisi. Normative che prevedono, inoltre, maggiore consapevolezza sia nel singolo consumatore sia nell’industria. L’industria avrà la responsabilità di realizzare prodotti concepiti per essere riutilizzati, in tutto o in parte, al termine del loro uso. Viene così rafforzata la “responsabilità estesa al produttore (EPR)” che, nella gestione dei rifiuti che derivano dai loro prodotti, dovranno assicurare il rispetto dei target di riciclo, la copertura dei costi di gestioni efficienti della raccolta differenziata e delle operazioni di cernita e trattamento, quelli dell'informazione, della raccolta e della comunicazione dei dati.
Secondo dati Eurostat, nell'UE la percentuale è di circa il 25% dei rifiuti urbani trattati che vengono interrati, ma in diversi paesi dell'Europa centro-orientale si supera il 70% (come nel caso della Romania). In Italia la media è invece del 28% ma con regioni in forte ritardo: Molise (90%), Sicilia (80%), Calabria (58%), Umbria (57%), Marche (49%) e Puglia (48%). Il nuovo pacchetto economia circolare stabilisce, invece, che entro il 2035 i rifiuti urbani conferiti in discarica non dovranno superare il 10% del totale. Di pari passo è introdotto l’obbligo di riciclare almeno il 55 per cento dei rifiuti urbani domestici e commerciali entro il 2025. Per i materiali da imballaggio le percentuali cambiano leggermente (riducendosi rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea): a livello generale il 65% di questi rifiuti dovrà essere destinato al riciclo entro il 2025 e il 70% entro il 2030, ma con sotto-target distinti per i singoli materiali. Per la prima volta, poi, dal 2023, sarà obbligatoria anche la raccolta differenziata dei rifiuti di materiali organici (Bio-waste), di materiali tessili e di quelli pericolosi nei rifiuti domestici (come vernici, pesticidi, oli e solventi). In linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, è previsto che gli Stati membri riducano anche gli sprechi alimentari del 30 per cento entro il 2025 e del 50 per cento entro il 2030, incentivando la raccolta dei prodotti invenduti e la loro ridistribuzione in condizioni di sicurezza.
Le nuove direttive UE avviano così la svolta dell’economia circolare, cominciando con numerosi e importanti cambiamenti nel settore dei rifiuti; rifiuti che, finalmente, si trasformano da un problema da risolvere a un’opportunità da sfruttare. Una sfida che può apparire senz’altro ardua e ambiziosa, tuttavia gestire in maniera sostenibile il ciclo dei rifiuti risulta essere improrogabile per garantire risparmi futuri in termini ambientali ed economici. Non solo, quindi, il miglioramento della gestione dei rifiuti, ma anche e soprattutto un sistema in cui dalla produzione al riciclo si possa trasformare quello che fino a oggi finisce in discarica, con costi per l'ambiente, la salute e le casse pubbliche, in valore economico, crescita sostenibile e nuovi posti di lavoro. Non solo, infine, una politica di gestione dei rifiuti, ma anche un modo per recuperare materie prime e non premere oltremodo sulle risorse già scarse del nostro pianeta, finendo, invece, per innovare profondamente il nostro sistema produttivo.
Alberto Azario