1511 Alberto Azario Articoli
29 agosto, 2018

TARI sempre più costosa, nonostante la crescita della differenziata

Secondo i più recenti dati Istat sulla raccolta differenziata risulta che ogni italiano nel 2016 ha prodotto circa 500 chilogrammi di rifiuti (496,7 Kg, +2,2% sul 2015) e ora ne differenzia oltre la metà, il 52,5% del totale in crescita di 5 punti percentuali sul 2015. I livelli più alti di produzione dei rifiuti si trovano in Emilia Romagna e Toscana, mentre Molise e Basilicata sono le regioni in cui se ne producono di meno. Per quanto riguarda poi carta e cartone, con quasi 3,3 milioni di tonnellate di materiale cellulosico raccolto dai Comuni (+52.600 tonnellate rispetto all'anno precedente) e un pro-capite che supera i 54 kg/abitante, la raccolta differenziata in Italia nel 2017 è cresciuta del 1,6% rispetto al 2016. Risultati importanti che confermano il trend di incremento degli ultimi anni e che testimoniano come la raccolta differenziata sia ormai un'abitudine consolidata di senso civico. Oggi, seppur con un pianeta in grave pericolo, un popolo sempre più vasto sostiene l’ambientalismo e moltissime sono le buone pratiche positive da valorizzare. A spingere il positivo risultato annuale è stato il Sud Italia con un +6,1%; a livello di raccolta pro-capite, l'Abruzzo ha confermato le performance migliori dell’area, mentre il Centro Italia è cresciuto dell'1,6% grazie soprattutto alle performance della già virtuosa Toscana. La stima per il 2017 è, invece, che “l’85% delle famiglie effettui con regolarità la raccolta differenziata della plastica (39,7% nel 1998), il 74,6% dell'alluminio (27,8%), l'84,8% della carta (46,9%) e l'84,1% del vetro (52,6%)”.

Ma quasi 7 famiglie su 10 ritengono che il costo della raccolta dei rifiuti sia ancora troppo elevato. A fronte di un maggior uso della differenziata, e quindi di un minor numero di rifiuti da conferire in discarica, gli ultimi dati di Confcommercio ci dicono, infatti, che la TARI “pagata da cittadini e imprese è sempre più alta e in continua crescita: nel 2017 è arrivata, nel complesso, a 9,3 miliardi di euro con un aumento di oltre il 70% negli ultimi sette anni, nonostante una significativa riduzione nella produzione dei rifiuti”. Costi eccessivi e ingiustificati per cittadini e imprese che derivano, in particolare, da inefficienza ed eccesso di discrezionalità di molte amministrazioni locali, nonché da una distorta applicazione dei regolamenti e dal continuo ricorso a coefficienti tariffari massimi.

Il presupposto per il pagamento della TARI, tanto per essere precisi, è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. La nuova tassa sui rifiuti prevede, quindi, che la somma da versare al Comune sia dovuta dagli inquilini, indipendentemente se proprietari o affittuari. Inoltre, in caso di pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all'adempimento dell'unica obbligazione tributaria. In caso di detenzione temporanea di durata non superiore a 6 mesi nel corso dello stesso anno solare, la TARI è dovuta soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie. Nel caso invece di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati, il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento della Tari dovuta per i locali e le aree scoperte di uso comune e per i locali e le aree scoperte in uso esclusivo ai singoli possessori o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo. Non è dovuto, invece, il pagamento della TARI nel caso in cui un immobile sia chiuso, privo di arredi e senza utenze allacciate (acqua, gas, elettricità) poiché in questo modo risulta in obiettive condizioni di non utilizzabilità. Allo stesso modo l’attivazione anche di uno solo dei pubblici servizi di erogazione idrica, elettrica, calore, gas, telefonica costituirebbe presunzione semplice dell’occupazione o conduzione dell’immobile e la conseguente attitudine alla produzione di rifiuti, mentre l’applicazione della tassa deve ritenersi esclusa per gli immobili inutilizzati nell’ipotesi in cui gli stessi siano privi di arredi e di allacciamento ai servizi di rete.

A fronte, come già detto, di una distorta applicazione dei regolamenti da parte delle amministrazioni locali e di conseguenza a costi eccessivi ed ingiustificati per cittadini ed imprese, non sorprende più di tanto scoprire che, questa volta grazie ad un’analisi di Crif Ratings condotta sui bilanci dei comuni italiani sui mancati incassi su base pro capite relativi alla tassa rifiuti del 2016, proprio la TARI sia oggi la tassa più evasa d’Italia. A livello nazionale, infatti, sempre secondo il report, ogni anno mancherebbe all’appello circa il 20% dei corrispettivi dovuti: un ammanco pari a 1,8 miliardi di euro nel 2016 per le casse degli enti locali (nel triennio 2014-2016 si è attestato mediamente intorno ad 1,7mld annui). Un grave problema per le amministrazioni comunali che hanno già spedito nelle case i bollettini per la prima tranche della Tari e che, ormai da anni, sono costrette a coprire il buco relativo al mancato incasso rastrellando risorse in origine messe a bilancio per altri servizi, spesso, purtroppo, dovendo risparmiare anche sulla manutenzione cittadina.

Per limitare tale problema, oltre a limitare il continuo ricorso a coefficienti tariffari massimi anche quando non necessariamente necessari da parte dei comuni, sarebbe a mio avviso urgente impostare una profonda revisione dell’intero sistema rifiuti che possa focalizzarsi sul principio europeo del ‘chi inquina paga’ tenendo inoltre conto delle specificità di determinate attività economiche delle imprese del terziario al fine di prevedere esenzioni o agevolazioni. Considerato che negli ultimi sette anni la sola TARI è cresciuta di quasi quattro miliardi, per liberare le imprese dal peso delle inefficienze locali di gestione, e non porre i cittadini a pagare più di quanto dovuto, servono obbligatoriamente meno costi e meno burocrazia.

Alberto Azario