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10 giugno, 2019

Rifiuti elettrici: esempi virtuosi nonostante l’apparente giungla normativa

Ogni anno tra smartphone, computer ed elettrodomestici di ogni dimensione, secondo le statistiche diffuse a fine 2018 dalle Nazioni Unite, vengono prodotti al mondo 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici (il cosiddetto e-waste).

I principali problemi derivanti da questo tipo particolare di rifiuti sono sia la presenza di sostanze considerate tossiche per l’ambiente, nonché la non biodegradabilità di tali apparecchi, sia lo spreco economico che ne deriva in caso di non adeguato smaltimento (si stima, infatti, che i prodotti erroneamente buttati in discarica possano avere un valore superiore ai 50 miliardi di euro se altresì correttamente smaltiti). E così, complice l’obsolescenza programmata, o una comunicazione a volte non perfettamente chiara ed adeguata, rimane il fatto che oggi lo smaltimento di questi particolari rifiuti sia un problema piuttosto complesso e, nonostante le varie legislazioni emanate a livello nazionale e internazionale, di difficile risoluzione nell'immediato. Oggi solo il 20% della produzione annuale di e-waste viene avviata verso processi di recupero e riciclo, mentre la parte restante termina in discariche o viene illegalmente esportata nelle nazioni in via di sviluppo. Con un corretto riciclo sarebbe invece possibile recuperare oro, platino e altre "terre rare" che potrebbero poi essere riutilizzate nella produzione di nuovi dispositivi elettronici. Anche se rappresentano appena il 2% del peso dei rifiuti che finiscono in discarica, i dispositivi elettronici contengono, infatti, il 70% dei materiali e sostanze pericolose. Oltre ai metalli preziosi nei rifiuti elettronici sono, infatti, presenti anche sostanze altamente inquinanti (si pensi agli acidi disciolti nelle batterie al litio) che potrebbero causare gravi danni alla salute delle persone ed allo stesso territorio (specie in quei paesi che accolgono la maggior quantità di rifiuti tecnologici provenienti dai Paesi esteri).

L’acronimo di “Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche” è il termine RAEE con il quale identifichiamo tutti quei dispositivi alimentati elettricamente che, per un motivo o per un altro, sono stati gettati nella spazzatura. Ad oggi è una Direttiva dell’Unione Europea, la 2012/19/UE, che regolarizza la raccolta e lo smaltimento di questi rifiuti nel nostro Paese dove la raccolta dei RAEE viene eseguita in base ai principi del metodo multi-consortile: sono, infatti, gli stessi produttori (o venditori) di dispositivi elettronici a doversi occupare del loro ritiro e dell'avvio verso processi di riciclo e recupero dei materiali di costruzione. Entro la fine di quest’anno il target di raccolta europeo dovrà raggiungere il 65% in peso delle AEE (apparecchiature elettriche ed elettroniche) immesse sul mercato. Oggi in Italia siamo però, attestandoci al di poco sopra al 36%, ancora lontani dagli obiettivi stabiliti a livello europeo. Un dato questo che deriva dalla mancanza di regole più rigide e sopratutto perché flussi molto importanti di questi rifiuti vengono ancora gestiti in maniera sommersa senza rispettare le regole del sistema: un sistema che consente ancora ad altri operatori al di fuori dei consorzi di commercializzare e acquistare questi rifiuti. Occorrerebbe a riguardo invece un decreto ministeriale in grado sia di definire gli standard che un impianto debba possedere per trattare i rifiuti elettronici, sia di fare emergere il flusso sommerso di questi rifiuti (che rappresenta almeno il 30% del totale dei rifiuti elettronici generati) obbligando chi gestisce i RAEE a dichiararli. Esistono fortunatamente, però anche esempi virtuosi di impianti che in Italia trattano RAEE, ne è un esempio quello di San Giuliano Milanese di proprietà del Gruppo Green Holding (che con una superficie di 2.930 m2 è autorizzato allo stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi e non, per complessivi 950 m3). L’impianto, altamente specializzato per il trattamento di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata e dalla micro-raccolta, è, infatti, dotato di soluzioni tecnologiche d’avanguardia per il recupero dei materiali riutilizzabili che l’anno reso, soprattutto negli ultimi anni, un punto di riferimento per gli operatori del settore per l’attività di stoccaggio e smaltimento di rifiuti provenienti da scoibentazioni di amianto in fibre libere, lane minerali e fribrocemento nonché lampade al neon contenente mercurio.

Secondo i dati presentati dal Centro di Coordinamento RAEE nell’undicesima edizione del “Rapporto Annuale sul Sistema di Ritiro e Trattamento dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche in Italia” i risultati nazionali riferiti al 2018 possono dirsi soddisfacenti, registrando essi stessi un incremento del 5% rispetto all’anno precedente, grazie all’impegno di tutti i gestori della raccolta, siano essi Comuni, aziende della gestione rifiuti oppure distributori e installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Dati questi che possono sensibilizzare chi pone in essere le attività di controllo affinché ci sia certezza delle destinazioni che prendono questi RAEE, con la speranza che siano correttamente trattati e si proceda poi al recupero di tutti i materiali contenuti. Fondamentale sarebbe poi che l’infrastruttura presente in Italia venisse ulteriormente potenziata nella maggior parte delle regioni, nonché migliorata la diffusione di informazioni sulla gestione corretta dei RAEE, attraverso una comunicazione opportunamente indirizzata a diffondere ancor di più la cultura della differenziazione. Spiegare il danno ambientale ed economico legato al mancato riciclo può spingere, infatti, i cittadini a sensibilizzarsi sull’argomento e far crescere ulteriormente la raccolta, specie se l’informazione sui servizi in atto per attuarla sono chiare e precise (come, ad esempio, l’uno contro zero in base al quale i gestori della grande distribuzione organizzata sono tenuti al ritiro dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche di piccole dimensioni senza alcun obbligo di acquisto).

Alberto Azario